La disciplina dei fringe benefit agli amministratori delle società è diversa a seconda del rapporto tra amministratore e società. Differenze fondamentali si hanno quando l’amministratore è un professionista con partita IVA da quando è un soggetto i cui redditi vengono assimilati a quelli da lavoro dipendente. Si analizza di seguito la disciplina dei rimborsi spese ed il loro trattamento fiscale, dal punto di vista sia dell’amministratore che della società erogante, nei casi più comuni di fringe benefit.
Il compenso degli amministratori viene deliberato dall’assemblea dei soci all’atto della nomina o successivamente, se non già stabilito dallo statuto, secondo quanto previsto agli articoli 2389 e 2364 del codice civile. È previsto inoltre che, per gli amministratori investiti di particolari cariche il compenso è fissato dal consiglio di amministrazione, sentito il collegio sindacale. I soci potranno stabilire un compenso in misura:
oltre al quale potrebbero essere previsti:
La Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 105/E del 2001 ha precisato che il compenso dell’amministratore rientra nell’attività professionale se tale attività si possa oggettivamente considerare connessa alle mansioni tipiche della professione abitualmente esercitata. Sulla base di ciò, i compensi seguiranno un diverso trattamento fiscale a seconda che siano corrisposti:
Qualora l’attività di amministratore rientri nell’ambito della professione autonoma svolta, i compensi devono essere fatturati come competenza professionale (altrimenti saranno assimilati al reddito di lavoro dipendente, come per l’amministratore non titolare di partita Iva, con la conseguente iscrizione alla gestione separata INPS).
La società, entro il 16 del mese successivo al pagamento del compenso, dovrà operare e versare la ritenuta d’acconto e rilasciare la certificazione delle ritenute operate, entro il 31/03/2019.
Secondo il disposto previsto all’art. 95, comma 5 del TUIR, il compenso erogato all’amministratore è deducibile in capo alla società se viene erogato nel corso dell’anno.
Infatti non si applica il principio di cassa allargato: il diritto alla deduzione matura nell’anno in cui avviene il pagamento, con la conseguenza di dover apportare in dichiarazione una variazione in aumento, poiché la delibera del compenso determina la rilevazione al 31/12 dei compensi di competenza dell’esercizio, anche se non ancora erogati.
In caso di amministratori professionisti si applica la disciplina prevista per il reddito dei lavoratori autonomi: i rimborsi sono soggetti a ritenuta d’acconto e ad iva, al pari dei compensi professionali.
Si possono verificare due casi:
Quando le spese di trasferta, vitto e alloggio sono sostenute dall’amministratore nell’esercizio dell’incarico, il rimborso delle stesse rientra tra i compensi del professionista e pertanto concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo.
Tali spese devono essere inserite in fattura e concorrono alla formazione dell’imponibile Iva, sono soggette a ritenuta d’acconto e alla rivalsa previdenziale.
I rimborsi concorrono interamente alla formazione del compenso, ma la loro deducibilità varia in base alle modalità di ri-addebito in capo alla società. Infatti se avviene:
Quando invece le spese di vitto e alloggio sono sostenute dalla società (pagate direttamente dalla società e a questa direttamente fatturate), esse non sono considerate parte del compenso né tantomeno reddito per il professionista che opera come amministratore della società. Ne consegue che non debbano essere riportate in fattura.
Infatti il nuovo articolo 54, comma 4 del TUIR prevede che le spese relative all’esecuzione di un incarico, sostenute direttamente dal committente, non costituiscano compensi in natura per il professionista.
Il prestatore del servizio alberghiero/ristorativo in questo caso invierà direttamente alla società la fattura, con indicazione degli estremi dell’amministratore professionista fruitore delle prestazioni e somministrazioni, senza che l’importo di spesa o la copia della fattura siano consegnati al professionista. Si precisa che l’inerenza e l’effettività della spesa devono essere dimostrabili.
La società dedurrà il costo in base alle regole previste per la categoria di reddito.
SPESE SOSTENUTE | IVA | RITENUTA | CONTRIBUTO INTEGRATIVO |
Dall’amministratore professionista | Sì | Sì | Sì |
Dalla società | No | No | No |
I rimborsi chilometrici, come precisato dall’Agenzia delle Entrate nella Circolare n. 105/E del 2001, non sono assimilabili all’art. 51 del TUIR nel caso in cui l’amministratore sia titolare di partita Iva.
Infatti, come nel caso degli altri rimborsi, essi sono parte del compenso: dovranno pertanto essere inseriti in fattura ed andranno a concorrere nella formazione del reddito professionale dell’amministratore.
Per l’impresa questi costi, se documentati, sono interamente deducibili.
Nel caso in cui la società conceda, a fronte dell’incarico ricoperto, un mezzo aziendale ad un amministratore professionista, come già evidenziato, i proventi concorrono alla formazione del reddito.
Il mezzo dato in uso promiscuo è un compenso in natura che concorre alla formazione del reddito di lavoro autonomo, il cui valore viene determinato in base al valore normale, ovvero utilizzando le tabelle di media percorrenza previste per il noleggio.
La società può dedurre i costi del mezzo concesso nei limiti del valore del compenso in natura erogato. Per l’eventuale eccedenza, in base al quanto previsto all’art 164 del TUIR, il costo sarà deducibile nel limite del 20% del valore massimo fiscalmente riconosciuto, pari a € 18.075,99.
[1] Modifiche apportate dalla Legge 81 del 22/05/2017, in vigore dal 01/01/2017.
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