L’ACE per i soggetti IRPEF

Il legislatore, con l’art. 1 del Decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha introdotto una misura agevolativa, in favore delle imprese, definita “Aiuto alla crescita economica” (ACE). 

Le disposizioni attuative sono state emanate con due decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, il primo del 14 marzo 2012, sostituito, con decorrenza dall’11 agosto 2017, da quello del 3 agosto 2017 (Decreto Ace), diretto a recepire le recenti novità legislative. Infatti, come si evince dalla relazione illustrativa al decreto, la revisione delle disposizioni di attuazione dell’ACE ha come obiettivo:

  • gestire gli effetti delle modifiche apportate dal decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 139, in tema di composizione e struttura del bilancio da parte dei soggetti che non applicano i principi contabili internazionali IAS/IFRS;
  • aggiornare le disposizioni per l’applicazione dell’ACE ai soggetti Irpef, in seguito alle modifiche della legge di bilancio 2017;
  • chiarire gli spetti che determinano incertezza;
  • rimodulare la disciplina antielusiva speciale per evitare la duplicazione del beneficio ACE;
  • evitare che variazioni in aumento del capitale investito agevolabili siano utilizzate per incrementare attività finanziarie a scapito di un maggiore rafforzamento dell’apparato produttivo.

Cos’è l’Ace?

L’Ace (Aiuto alla Crescita Economica) è un’agevolazione volta a stimolare la capitalizzazione delle imprese, favorendo quindi il ricorso al capitale proprio piuttosto che al capitale di terzi.

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L’agevolazione, più precisamente, consiste nella possibilità di sottrarre al reddito d’impresa il c.d. “rendimento nozionale”, ovvero un importo calcolato sulla variazione in aumento (incrementi meno decrementi) del capitale proprio, applicando particolari aliquote definite dal Legislatore, e differenti per ogni annualità.

Quali sono i soggetti che possono usufruire dell’ace, e quali sono esclusi?

Possono usufruire dell’Ace:

  • i soggetti IRES;
  • gli imprenditori individuali e le società di persone che sono in contabilità ordinaria.

Sono esclusi, invece:

  • le imprese in contabilità semplificata;
  • gli enti non commerciali (anche se svolgono attività commerciale);
  • le società assoggettate a procedure di fallimento, di liquidazione coatta o di amministrazione straordinaria delle grandi aziende in crisi dall’inizio dell’esercizio in cui c’è la dichiarazione di fallimento, il procedimento di liquidazione coatta e il decreto motivato che dichiara l’inizio dell’amministrazione straordinaria;
  • le imprese marittime che svolgono come attività prevalente quella per la quale hanno optato per la Tonnage Tax;
  • le Controlled Foreign Companies (CFC) le quali imputano il reddito alla controllante italiana.

Come si determina l’ace per i soggetti irpef?

Per determinare la base di calcolo della deduzione ACE dei soggetti Irpef in contabilità ordinaria, per effetto di quanto disposto dall’art. 8 del citato Decreto ministeriale, è necessario procedere alla somma algebrica, se positiva, tra due valori:

componente fisso dato dalla differenza positiva tra il patrimonio netto al 31 dicembre 2015 e il patrimonio netto al 31 dicembre 2010.
componente variabile dato dagli incrementi netti, pari alla differenza tra gli elementi positivi e negativi, rilevati dal 1° gennaio 2016 fino al periodo in corso al 31 dicembre 2017.

Pertanto, la base ACE è pari al minor valore tra la somma dei due componenti succitati e il patrimonio netto contabile al 31.12.2017.

L’ammontare detassato verrà determinato applicando alla base ACE un coefficiente di remunerazione che, per effetto dell’art. 7 del Decreto-legge n. 50 del 24 aprile 2017, è stato ridotto all’1,6 % per il 2017, per poi passare stabilmente all’1,5% per i successivi periodi d’imposta, rispetto al coefficiente del 4,75% del 2016.

Lo stesso art. 8, dal c. terzo in poi, determina gli incrementi e decrementi del capitale proprio e il momento della loro rilevanza ai fini ACE, che possono così, di seguito, riassumersi:

Variazioni Capitale proprio Voci di bilancio Rilevanza ai fini ACE
Incrementi del capitale proprio Conferimenti in denaro effettuati da soci e dall’imprenditore;

Rinuncia incondizionata alla restituzione di crediti vantati nei confronti della società;

Utili accantonati a riserva, esclusi gli utili accantonati a riserve non disponibili

 

– a partire dalla data di versamento;

 

-a partire dalla dell’atto di rinuncia;

 

 

 

Nell’esercizio di maturazione al netto degli utili prelevati nello stesso esercizio.

Decrementi del capitale proprio – Prelievi di utili e in genere tutte le riduzioni di patrimonio netto con attribuzione ai soci o imprenditore a qualsiasi titolo. – A partire dall’esercizio nel quale si è realizzata la riduzione di patrimonio netto

È da tenere presente che, ai fini della corretta determinazione della base di calcolo per l’ACE:

  • il capitale proprio non si considera incrementato per effetto dei finanziamenti, anche infruttiferi, erogati dai soci;
  • le perdite non costituiscono decrementi del capitale proprio.

La relazione illustrativa al decreto attuativo chiarisce che, qualora non sia possibile determinare la differenza positiva del patrimonio, in quanto l’impresa era in regime semplificato nel 2010 o in uno degli anni del quinquennio (2011 – 2015), la base ACE deve essere calcolata utilizzando il patrimonio netto dell’ultimo esercizio nel quale l’impresa ha operato in contabilità ordinaria ed il valore del medesimo patrimonio desumibile dal prospetto delle attività e delle passività esistenti all’inizio del periodo di imposta di prima applicazione del regime di contabilità ordinaria, con riferimento al predetto quinquennio. In sostanza, la base ACE è determinabile anche da un soggetto che è stato in contabilità ordinaria un solo anno come la differenza positiva tre il patrimonio netto al 31 dicembre di quell’anno e il patrimonio netto all’inizio dello stesso anno. La relazione precisa, altresì, che qualora l’impresa sia stata costituita successivamente al 31.12.2010, deve considerarsi il patrimonio netto dell’ultimo esercizio del quinquennio suddetto.

Per quanto riguarda l’ipotesi di passaggio dalla contabilità semplificata a quella ordinaria, il comma 6 dell’art. 8 prevede che: la base ACE deve essere ridotta della diminuzione di patrimonio netto avvenuta nel corso dei periodi di imposta in cui l’impresa era assoggetta al regime della contabilità semplificata.

Quali sono le limitazioni? 

L’agevolazione in esame subisce tre importanti limitazioni, rappresentate dal:

Patrimonio netto  La variazione agevolabile, senza considerare le riserve per acquisto di azioni proprie, non può mai eccedere il patrimonio netto contabile al 31 dicembre 2017, comprensivo del risultato d’esercizio.
Sterilizzazione dei titoli L’ACE viene decurtata fino a concorrenza dell’incremento delle consistenze dei titoli e valori mobiliari, diversi dalle partecipazioni, risultanti dal bilancio relativo all’esercizio in corso al 31 dicembre 2010. Per titoli e valori mobiliari si intendono quelli compresi nell’art. 1, comma 1 – bis, D.lgs n. 58 (TUF) del 1998, tra le quali rientrano le quote di OICR; mentre non rientrano i pronti contro termine e gli acquisti operati per scopi diretti a garantire la compensazione e la conclusione dei contratti stipulati sui mercati regolamentati di titoli. Sono esclusi, altresì, dal perimetro applicativo della sterilizzazione:

¨        i depositi bancari (anche vincolati) e i conti correnti;

¨        le forme di finanziamento infragruppo attraverso l’acquisto di titoli emessi da soggetti del gruppo stesso.

A tal riguardo si segnala che l’Agenzia delle entrate, con la Circolare n. 8/E del 7 aprile 2017, ha specificato che la c.d. “sterilizzazione” dei valori suindicati costituisce una norma di sistema per la determinazione della base ACE e, come tale, non costituendo una disposizione antielusiva, non può essere oggetto di un interpello probatorio.

Disciplina antielusiva In base alla nuova disciplina dell’art. 10 del Decreto ACE, la disciplina antielusiva si applica se tra i soggetti appartenenti al medesimo gruppo, almeno una società usufruisce dell’agevolazione.

Si considerano società del gruppo: le società (comprese le persone fisiche e i soggetti non residenti localizzati in stati non collaborativi) controllate, controllanti o controllate da un medesimo soggetto, ai sensi dell’art. 2359 del c.c., ad eccezione dello stato e degli enti pubblici.

Le fattispecie elusive indicate dall’art. 10 sono rappresentate dalle seguenti operazioni:

¨        conferimenti in denaro effettuati a favore di soggetti controllanti o controllati dallo stesso soggetto oppure diventati controllati in virtù del predetto conferimento, dopo la chiusura dell’esercizio in corso al 31.12.2010;

¨        corrispettivi per l’acquisizione o l’incremento di partecipazioni di controllo;

¨        corrispettivi per l’acquisizione di aziende o rami d’azienda già appartenenti ai controllanti o controllati dello stesso controllante;

¨        incremento dei crediti di finanziamento rispetto al bilancio in corso al 31.12.2010.

Per evitare l’applicazione della disciplina antielusiva, le società devono fornire tutte le informazioni richieste con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate nella dichiarazione dei redditi 2018 SP, quadro RS, compilando il rigo RS46 oppure rigo RS38 del modello dei Redditi 2018 PF. Si ricorda che, la mancata compilazione dei predetti campi, comporta l’applicazione della sanzione da 2.000,00 a 21.000,00 prevista dall’art.11 del D.lgs. n. 471 del 1997.

Le società possono, altresì, proporre istanza di interpello 120 giorni prima dalla scadenza del termine per presentare la relativa dichiarazione.

Cosa si intende per clausola di salvaguardia?

Con la clausola di salvaguardia, l’articolo 12 comma 2 del Decreto ACE, per i periodi d’imposta precedenti al 2017 (i cui termini per il versamento a saldo delle imposte siano scaduti prima dell’entrata in vigore del suddetto decreto), fa salvi gli sulla determinazione della variazione del capitale determinati sulla base dell’art. 13-bis del Decreto-legge n. 244 del 2016.

Ciò implica che, per quanto riguarda i contenuti innovativi del decreto, il calcolo Ace per soggetti Irpef può essere eseguito, per l’esercizio 2017, senza considerare le istruzioni del decreto, con impossibilità di ricevere contestazioni da parte dell’agenzia delle Entrate.

Tuttavia, l’Agenzia delle entrate può agire nei confronti del contribuente quando la violazione si riferisce a contenuti introdotti da norme primarie come la legge di Bilancio 2017. Ad ogni modo, le condotte difformi rispetto al decreto devono essere oggetto di correzione con la dichiarazione dei redditi relativa al periodo 2018.

Come si riporta l’eccedenza Ace?

La deduzione ACE non può eccedere il reddito di impresa e determinare una perdita in capo alla società di persone, ma l’eventuale eccedenza deve essere trasferita ai soci in base alle rispettive quote di partecipazione. Ciò premesso si evidenzia che l’eccedenza ACE concorre alla determinazione del reddito complessivo della persona fisica socio della società di persone; tuttavia tale deduzione, non rileva, invece, per la determinazione del valore della produzione ai fini Irap.

Pertanto, la deduzione ACE, il cui utilizzo nei limiti anzidetti è obbligatorio, pena la non riportabilità, deve essere applicata dopo lo scomputo delle perdite pregresse.

L’eccedenza è riportabile, ai sensi di quanto disposto dall’art. 3, c.2, dal Decreto ACE, senza alcun limite temporale come importo deducibile dal reddito di imprese, nel rispetto dell’art. 1, co.4, Decreto-legge n. 201 del 2011.

I soggetti beneficiari, ai sensi dell’art.1 c. 4 del Decreto-legge n. 91 del 2014, possono decidere di trasformare l’eccedenza ACE in credito d’imposta, nel rispetto delle modalità indicate dall’Agenzia delle entrate nel documento di prassi n. 21/E del 3 giugno 2015. In sostanza, per calcolare il credito d’imposta si dovrà applicare all’eccedenza ACE gli scaglioni di reddito previsti dall’art. 11 del TUIR per determinare il reddito Irpef, senza considerare le addizionali Irpef. È opportuno che le imprese prestino particolare attenzione alle precisazioni contenute nel citato documento di prassi, secondo il quale il credito Irap:

  • deve essere ripartito in 5 quote annuali di pari importo;
  • è utilizzabile in compensazione dell’Irap e non si applica: il di compensazione pari a 700,000 annui, il divieto di compensazione per la presenza di debiti erariali superiori a 1.500,00, il limite di 250.000,00 per i crediti indicati nel modello RU;
  • per i crediti di ammontare superiori a 5.000,00 non è richiesta l’apposizione del visto di conformità.

Inoltre, l’Agenzia delle entrate ha chiarito, con la circolare suindicata, che:

  • l’eccedenza ACE riportata al periodo successivo non potrà essere trasformata in credito Irap;
  • il credito non utilizzato non può essere chiesto a rimborso, né ceduto, comprese le operazioni infragruppo;
  • la quota annua di credito Irap non utilizzato può essere riportata, senza limiti di tempo, nelle dichiarazioni Irap degli anni successivi.

 Dove si indica l’Ace nella dichiarazione dei redditi?

 I soggetti beneficiari per fruire dell’agevolazione ACE devono indicare il relativo importo direttamente nella dichiarazione dei redditi: nel modello Redditi PF 2018, nel quadro RS rigo RS37 (l’imprenditore individuale deve compilare anche il quadro RN per determinare l’Irpef dovuta), mentre nel modello dei Redditi SP 2018 nel rigo RS45.

Per indicare, invece, l’eccedenza ACE 2017 trasformata in credito d’imposta si deve compilare la Sez. XIII “Credito ACE” del quadro IS del modello Irap 2018.

Per quanto concerne, invece, il trattamento previdenziale dei soggetti irpef che beneficiano dell’ACE, l’INPS, con la Circolare del 6 giugno 2014, 74, ha precisato che la base imponibile previdenziale è costituita dal reddito d’impresa al lordo dell’ACE.

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